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A tu per tu con Andrea Dallavalle

Quest’anno ben 3 dei nostri atleti disputeranno gare internazionali vestendo la maglia azzurra. Per festeggiare questo avvenimento, abbiamo deciso di intervistare i nostri tre campioni, pronti a dare battaglia sui più luminosi palcoscenici sportivi d’Europa e del mondo. È infatti interessante cercare di scoprire qualcosa in più che li riguarda, oltre gli straordinari risultati con cui riempiono di gioia se stessi, la nostra associazione e i loro tifosi. Iniziamo questa breve serie di chiacchierate con Andrea Dallavalle, a breve in pedana a Tallinn in Estonia, in occasione dei Campionati Europei Under23.

 

  1. La tua carriera nelle categorie giovanili conta innumerevoli successi: ci fai un recap del tuo palmarès?

 

Attualmente conto 11 titoli italiani, di cui uno assoluto. Per quanto riguarda le competizioni internazionali, invece, ho ottenuto un bronzo agli EYOF nel 2015, due argenti europei, rispettivamente U18 e U20 nel 2016 e 2017, e infine un bronzo agli Europei U23 nel 2019.

 

  1. Impressionante! Quale di questi ori tricolore ti ha lasciato il ricordo più caro?

 

Il più bello probabilmente è stato il primo titolo assoluto, vinto nel 2020 dopo il periodo di stop a causa della pandemia. Avevo appena cambiato gamba di stacco e ottenere quella vittoria è stato veramente emozionante. La gara fu molto tesa, al cardioplama: gareggiavo contro Tobia Bocchi, mio compagno di nazionale, e solo dopo sorpassi e controsorpassi in classifica sono riuscito ad importi con un salto intorno ai 16,80m. La prima volta non si scorda mai.

  1. Il triplo è sempre stata la tua specialità preferita da quando l’hai provata? Se non facessi quella, dove vorresti cimentarti?

 

Il triplo è sempre stata una delle mie gare preferite, soprattutto da guardare quando ero più piccolo. Probabilmente, se non facessi il salto triplo, proverei il salto in alto, altra specialità che adoro. Nel salto in alto da Allievo ho persino saltato oltre i 2m.

  1. E, se non facessi atletica, esisterebbe un altro sport che ti incuriosisce? Hai altre attività oltre università e atletica? Raccontaci le altre tue passioni.

 

Uno sport che amo fin da piccolo è sicuramente il motociclismo. Magari se non avessi iniziato atletica avrei provato qualcosa in quell'ambiente. È sempre stata e continuerà ad essere una delle mie più grandi passioni, insieme al mondo dei motori in generale. Sono un tifoso sfegatato di Valentino Rossi e ferrarista, ma in generale mi piacciono le competizioni su due e quattro ruote.

 

  1. L’atletica è una grossa fetta della tua vita: quanto c’è di atletica nel tuo futuro?

 

Spero vivamente di poter continuare in questo mondo anche in futuro perché fin'ora l'atletica mi ha dato tantissimo. Mi piacerebbe pensare di poter rivestire un ruolo importante a livello di federazione per provare a restituire qualcosa di positivo a questo sport.

 

  1. Hai un modello a cui ti ispiri? Non necessariamente sportivo.

 

Come modello penso sia impossibile non ispirarsi a Christian Taylor, campione olimpico e mondiale di salto triplo. È un grande esempio di sport secondo me, vista in particolare la sua grande umiltà e la dedizione verso questo sport. Come idolo sportivo, però, ho sicuramente Valentino Rossi, come già accennato prima: la sua dedizione, la sua freddezza in gara e il suo agonismo mi ispirano a voler sempre dare il meglio e a vendere cara la pelle in pedana in qualunque situazione.

  1. Ci parleresti del tuo rapporto con Ennio?

 

Ormai fra me e Ennio c'è un rapporto quasi padre-figlio, mi allena praticamente da quando ho 13/14 anni. Ci capiamo al volo e abbiamo praticamente le stesse idee riguardo al salto e agli allenamenti.

  1. Un suo pregio e un suo difetto.

 

Un pregio di Ennio è la volontà di migliorarsi sempre e la curiosità: per arrivare dove siamo, ha dovuto studiare e confrontarsi con i migliori tecnici ed è anche così, oltre che con sperimentazione e ingegno, che ha saputo mettermi nelle migliori condizioni possibili per gareggiare ad alto livello.

Un suo difetto forse è un po’ la testardaggine, ma in questo siamo molto simili (ride, ndr).

 

  1. Uno sguardo al futuro più prossimo: la prima cosa a cui pensi quando ti vedi in maglia azzurra alle Olimpiadi?

 

Poter partecipare alle Olimpiadi significa coronare un sogno che avevo fin da bambino, quando le vedevo in televisione. Dopo aver saltato 17,35m, oltre l’euforia iniziale, ho capito che le cose erano cambiate: già oltrepassare i 17m rappresenta tanto, ma andare così oltre comporta cambiare dimensione e dover ragionare in modo diverso. In sostanza, da adesso in avanti la prospettiva cambia. Essendo salito di livello, ci sono gli onori ma anche gli oneri di dover rappresentare il proprio Paese al meglio, la consapevolezza che d’ora in poi ci saranno aspettative, anche se è fondamentale non dimenticarsi mai che la vera ragione per cui faccio quel che faccio è la passione e l’amore per il salto triplo e quello che sa regalarmi a livello emotivo e relazionale.

 

  1. A chi dedichi l’ultimo titolo italiano e la maglia azzurra?

 

Nessuno vince da solo. Sicuramente devo ringraziare tutta la mia famiglia, il mio allenatore, il mio fisioterapista e osteopata Daniele e il mio chinesiologo Nicola Fornari, l’Atletica Piacenza e chiunque mi ha aiutato ad arrivare a questo bellissimo obiettivo.

C’è poi una persona in particolare che vorrei salutare e a cui vorrei dedicare le mie vittorie e le mie Olimpiadi: mio zio Dario, scomparso da poco. Era un mio grande tifoso e adoravo i suoi scherzi e le sue battute. Sapeva sempre sdrammatizzare anche quando le cose non erano rosee. Mi mancherà, a Tallinn e Tokyo salterò per tutta questa meravigliosa squadra, ma in particolare per lui.